Titolo: Lesioni della Mammella di Tipo B3: Cosa Sono,
Cause e Linee guida
Le lesioni di tipo B3 della mammella rappresentano una categoria di alterazioni tessutali che possono essere rilevate attraverso esami di imaging o biopsie. Comprendere cosa sono le lesioni di tipo B3, le loro cause potenziali e gli approcci di gestione è essenziale per promuovere la consapevolezza e garantire un trattamento tempestivo. In questo articolo , esploreremo dettagliatamente le lesioni B3 della mammella, fornendo informazioni chiare e informative per chi cerca risposte.
Cosa Sono le Lesioni di Tipo B3 della Mammella?
Le lesioni di tipo B3 della mammella sono una categoria di anomalie al tessuto mammario che possono essere identificate attraverso biopsie o esami di imaging avanzati come la risonanza magnetica o la mammografia. Queste lesioni sono considerate intermedie dal punto di vista del rischio, il che significa che presentano un potenziale di trasformazione maligna più elevato rispetto a lesioni di tipo B1 o B2, ma inferiore rispetto alle lesioni di tipo B4 o B5.
B3 Lesioni ad incerto potenziale di malignità
Rientrano in questa categoria una serie di lesioni mammarie che pur avendo il connotatomorfologico della benignità, per la parzialità e la frammentazione dei campioni, la potenzialeeterogeneità delle lesioni mammarie richiedono un approccio chirurgico per lo più conservativoche unisca alla valenza terapeutica quella diagnostica.
Nella categoria B3 sono comprese le lesioni papillari, la radial scar, il tumore fillode, le lesioni mucocele-like e una serie di lesioni con
incrementato rischio di progressione neoplastica (proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale l’atipia epiteliale piatta/FEA e la neoplasia lobulare intraepiteliale/LIN1-2). Globalmente le lesioni
mammarie classificate come B3 presentano un valore predittivo positivo nei confronti del
carcinoma mammario intorno al 25%.
1. Lesioni papillari:
costituiscono un gruppo eterogeneo di lesioni ad architettura papillare chenella maggioranza dei casi rientrano nella categoria B3 ad incerto potenziale di malignità. In rare occasioni se la lesione è di piccole dimensioni e si ritiene che sia stata ampiamente campionata se non addirittura completamente escissa una classificazione come lesione benigna categoria B2 può essere considerata. Viceversa, soprattutto in caso di un campionamento esiguo e in presenza di un’atipia fortemente sospetta per malignità l’attribuzione alla categoria B4 appare più opportuna. Lesioni papillari senza atipie citoarchitetturali (dopo conferma con opportuni marcatori immunoistochimici) possono, visto il basso rischio di lesione maligna all’escissione, essere candidate al VANCB come indicazione terapeutica e successivo follow-up (66)
2. Lesione focale: scleroelastotica/radial scar
caratterizzata dal dato radiologico della distorsione parenchimale che si traduce nella maggioranza dei casi in cicatrici scleroelastotiche in cui la frammentazione dei campioni non consente una valutazione unitaria della struttura lesionale e della completezza della sua escissione. Si evidenzia il ruolo delle nuove metodiche di imaging (ad es.tomosintesi ) che riuscendo ad identificare distorsioni anche di piccole dimensioni ne consentono, mediante i sistemi VAB (2D/3D) o BLES , la completa asportazione. In questi casi,se la diagnosi è di benignità , dopo valutazione multidisciplinare, è possibile l’invio dellapaziente a follow-up.
3. Neoplasia lobulare intraepiteliale (LIN).
La neoplasia lobulare intraepiteliale rappresenta un gruppo eterogeneo di lesioni lobulari che raggruppa le forme di iperplasia lobulare atipica (ALH) e le forme di carcinoma lobulare in situ (LCIS tipo A, tipo B). Costituisce spesso un reperto incidentale in corso di MIB condotto per alterazioni radiologiche varie. Quando la morfologia di una LIN si pone in diagnosi differenziale con forme solide di DCIS magari con aspetti di cancerizzazione lobulare appare utile il ricorso all’immunoistochimica con lo studio dell’espressione della E-caderina (32). Il carcinoma lobulare in situ pleomorfo, spesso associato ad aspetti di necrosi comedonica e a microcalcificazioni che simulano il quadro radiologico del DCIS va classificato come B5.
4. Flat epithelial atypia/atipia epiteliale piatta e proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale.
In questo gruppo vanno incluse le forme di lesioni a cellule colonnari con atipia o FEA (Flat Epithelial Atypia; atipia epiteliale piatta) e le proliferazioni epiteliali atipiche di tipo duttale (iperplasia duttale atipica). Questo secondo termine va preferito rispetto a quello d’iperplasia duttale atipica che per la sua definizione diagnostica richiede criteri morfologici e dimensionali valutabili sul pezzo operatorio definitivo. Il ricorso all’immunoistochimica con utilizzo di 16 marcatori quali la citocheratina 5, 14 e recettori per estrogeno può aiutare nella diagnosi differenziale con l’iperplasia duttale di tipo usuale – UDH).
5. Tumore Fillode.
Lesioni fibroepiteliali caratterizzate da uno stroma riccamente cellulato con aspetti di “overgrowth” rispetto alla componente epiteliale (presenza all’osservazione
microscopica a 10x di uno o più campi privi di componente epiteliale) talora con un incremento dell’attività mitotica. Diagnosi differenziale con varianti di fibroadenoma. Un tentativo di migliorare l’affidabilità diagnostica nell’ ambito delle lesioni fibroepiteliali ipercellulari, etichettate generalmente come B3, con l’ obiettivo di ridurre un overtreatment chirurgico qualora si tratti di fibroadenomi, è quello di applicare alcuni criteri diagnostici nella valutazione delle core-biopsy di tali lesioni.
Secondo i dati di recenti lavori, la presenza ed il numero di alcuni parametri morfologici, indirizza verso un tumore filloide, per il quale è corretta la categoria B3. Viceversa l’ assenza di alcune caratteristiche patognomoniche può orientare verso la diagnosi di FAD, categoria B2.
I parametri che sono stati considerati ed applicati su diverse casistiche anche retrospettive con una buona riproducibilità sono: la frammentazione stromale
la predominanza stromale l’ ipercellularità stromale la maggior condensazione cellulare subepiteliale
pleomorfismo cellule stromali il numero di mitosi delle cellule stromali (> 3/10 HF) la presenza di tessuto adiposo frammisto allo stroma l’eterogeneità stromale.
La presenza di 3 o più di questi parametri orienta verso un filloide, con la maggior predittività data dall’ associazione dei seguenti parametri: eterogeneità stromale, pleomorfismo stromale e condensazione sub epiteliale. La presenza del singolo parametro >3 mitosi/10 hpf è altamente predittiva di tumore filloide
6. Lesioni mucocele-like
Descritte per la prima volta nel 1986 da Rosen (74) sono costituite da cisti contenenti mucina che tendono alla rottura e stravasare la mucina nello stroma adiacenti. Il termine è puramente descrittivo e fondamentale è la ricerca di atipie o meni dell’epitelio di rivestimento. Talvolta tali lesioni si presentano come nodulo palpabile ben circoscritto o con cluster di micro calcificazioni. È opportuno classificare tali lesioni come B3 perché possono essere associate a ADH, DCIS e a forme
di carcinoma invasivo
Management dei B3
Per un corretto management, i casi classificati come B3 dovrebbero essere oggetto di valutazione multidisciplinare con una stretta correlazione fra dato patologico e radiologico. La valutazione multidisciplinare dovrà anche considerare eventuali fattori di rischio individuale (ad es, pregresso intervento per carcinoma o rischio eredofamiliare, etc). Il pattern radiologico più frequente è rappresentato dalle microcalcificazioni (80%), in una minoranza di casi si possono evidenziare opacità e/o distorsioni.
In caso di atipia epiteliale piatta/FEA o di neoplasia lobulare intraepiteliale (iperplasia lobulare atipica/LIN1 o carcinoma lobulare in situ di tipo classico/LIN2), solo se associate ad una lesione benigna che correla con il target della biopsia (ad esempio fibroadenoma) è possibile, dopo
discussione multidisciplinare, evitare l’intervento chirurgico, ed instaurare un opportuno follow-up
Analogamente, come proposto dall’update alle linee guida europee (2013) e dalle linee guida NCCN , anche le lesioni papillari senza atipie citoarchitetturali in cui la lesione sia stata totalmente escissa e le “radial scar” quale aspetto microscopico incidentale aggiuntivo ad una lesione benigna che rappresenti il target radiologico, ove non vi siano residui aspetti radiologici di distorsione architetturale, possono andare a follow-up radiologico, dopo discussione multidisciplinare.
Invece nei casi B3 con proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale o nei casi di microcalcificazioni a elevato rischio radiologico indipendentemente dal tipo di B3 è sempre
indicata l’escissione chirurgica
Conclusioni
Complessivamente, in un quarto circa dei casi di B3 all’escissione chirurgica si riscontrano lesioni maligne (Valore Predittivo Positivo del 25%).
L’implementazione delle biopsie vacuum assisted (VAB) aumenta la possibilità che il targetradiologico sia completamente escisso, in particolare con la VAB-3D.
A tal riguardo, si ricorda la necessità di introdurre una clip amagnetica al termine della procedura bioptica, nei casi in cui il target risulti completamente escisso o di difficile visualizzazione. È inoltre opportuno in fase preoperatoria, che vengano eseguiti i radiogrammi ortogonali della mammella, onde valutare eventuali microcalcificazioni residue, ed il corretto posizionamento della clip o eventuali sue dislocazioni che dovranno essere opportunamente evidenziate e discusse in fase preoperatoria.
La completa escissione della lesione mediante VAB-3D richiederà meno biopsie chirurgiche per lesioni B3 e, conseguentemente, il valore predittivo positivo per malignità su escissioni chirurgiche tenderà ad aumentare (: in particolare, dopo diagnosi di B3 su materiale ottenuto mediante ago 14 G o 11 G, l’introduzione di una VAB di seconda linea (con ago 8-7 gauge) di tipo “escissionale” consente di giungere ad una definizione diagnostica di B2 o B5 in una buona percentuale di casi, riducendo quindi il numero di B3 da portare ad intervento chirurgico ).
Potrà essere utile anche l’integrazione diagnostica mediante esame di Risonanza Magnetica della mammella con mdc, in particolare in caso di negatività dell’esame, per l’elevato Valore Predittivo Negativo di tale presidio diagnostico.
Comunicazione della diagnosi
Il risultato diagnostico B3, potendo fornire solo un dato preliminare rispetto ad ulteriori indagini o in previsione di una biopsia chirurgica, richiede una idonea formulazione dal punto di vista comunicativo. Si rende infatti necessaria una adeguata espressione del grado di sospetto, dato il giudizio attribuito alla lesione su base radio-morfologica ed in considerazione della storia familiare
Prof. Massimo Vergine-Chirurgo senologo
Primario Unità Operativa Complessa della Chirurgia della mammella- chirurgo
Policlinico Umberto I di Roma
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